Il Calice di Dio” del Prof. Luigi Battistini
“Il Calice di Dio” (di prossima
pubblicazione) del Prof. Luigi Battistini
Cos’è il Graal?
Per noi esistono
tre tipi di Graal:
1)
Il Graal
celtico o pagano
Nel Preiddu Anwnn, un poema gaelico
attribuito al bardo Taliesin o Telesin, ci sono dei versi che descrivono il "Calderone dell'Anwnn" o "Calderone di Dagda", portato nel mondo materiale dai Tuatha dè
Danaan, rappresentanti ultraterreni del "Piccolo Popolo", e recuperato da Artù nel castello
("Caer") di Pedryvan, dopo essere sceso negli inferi. Il calderone
era l'unico posto dove Dagda poteva riporre la sua lancia, che, se lasciata
incustodita, poteva distruggere il mondo a causa del suo immenso potere.
Le caratteristiche del Graal pagano,
possono così riassumersi: esso è fonte di felicità
terrena, abbondanza, ricchezza, benessere, guarigione, e soprattutto un contenitore capace di dispensare cibo in abbondanza. La ricchezza che perviene da questo Graal è
tutta materiale, misurabile solo in termini egoistici ed umani. Esso, infatti è
un oggetto magico che offre cibo in abbondanza, risana le ferite, rende fertile
la terra. Trattando del Graal celtico o pagano, gli
studiosi spesso fanno riferimento all’immagine del Calderone
di Gundestrup, un manufatto risalente probabilmente al II sec. A. C. e trovato nel 1891. Gli
ornamenti in esso contenuti sono quelli tipici della popolazione celtica
degli Scordisci, anche se figurano pure
elementi decorativi presenti nei manufatti della popolazione germanica dei
Cimbri.
Calderone di Gundestrup
2) Il Santo Graal
Esso
corrisponde ad un oggetto-reliquia e più propriamente ad un calice in cui è stato raccolto il sangue
preziosissimo di Cristo sgorgato dalle sue ferite, allorché fu crocifisso sul
Calvario. Il Santo Graal più probabile è il Calice
Mariano. Secondo una leggenda del IV
sec. la Maddalena, fuggita dalla Terra Santa, avrebbe portato il Santo
Graal, (ove avrebbe raccolto alcune
gocce di sangue di Gesù crocifisso) con sé a Marsiglia, dove tuttora
sono venerate le sue presunte spoglie mortali. Nel 327 l’imperatrice Elena, madre di Costantino il Grande, proclamò che,
a seguito degli scavi compiuti nel sito ove si riteneva fosse stato il Santo
Sepolcro, era venuta alla luce una coppa ritenuta proprio quella utilizzata da
Maria Maddalena per raccogliere sul Calvario il sangue di Cristo. Quando si fa
riferimento al Santo Graal, il Calice viene collegato alla raccolta del sangue di
Gesù e non alla trasformazione del vino nel sangue del Signore, avvenuta
nell’Ultima Cena. Non sappiamo però se il calice con cui Maria Maddalena o
Giuseppe d’Arimatea hanno raccolto il
sangue del Signore sia lo stesso utilizzato da Gesù nell’Ultima Cena. Certo la
convinzione che le due coppe fossero in realtà la medesima era presente nella
tradizione. Robert de Boron nel suo romanzo ”Joseph d’Animathie” sostiene che, dopo la crocifissione Giuseppe
d’Arimatea, recatosi da Pilato, assieme ad un ufficiale romano convertito, di
nome Nicodemo, richiese il corpo di Gesù.
In quell’occasione ottenne anche la
consegna della coppa usata da Gesù nell’Ultima Cena, nella quale egli raccolse
qualche goccia di sangue dal corpo del Signore. Nel V secolo lo storico greco
Olimpiodoro di Tebe ci tramanda la notizia che, quando i Visigoti
saccheggiarono Roma nel 410, la coppa fu portata in Britannia.
Questa coppa, della quale vengono date diverse
descrizioni fisiche (grande coppa d’argento, piccolo recipiente di pietra,
coppa incastonata in un recipiente d’oro ed arricchita di pietre preziosissime)
fu denominata “Calice Mariano”, in
onore di Maria Maddalena.
3) Il Calice dell’Ultima Cena o Sacro Calice o Sacro Graal
-
Il primo riferimento storico del Sacro Calice è contenuto nei Vangeli e
si ricollega alla Ultima Cena di Gesù. Trattasi
del Calice nel quale si è verificato, ad opera di Gesù, la prima transustanziazione
del vino nel Suo vero ed autentico Sangue Preziosissimo. Essendo per noi il
vero ed autentico Sacro Graal, o Sacro Calice, desideriamo onoralo e per
questo lo indichiamo col termine di Calice di Dio.
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Secondo la tradizione, il Calice dell’Ultima Cena fu portato a Roma da S.
Pietro. In seguito fu inviato in Spagna (Huesca)
da S. Lorenzo nel 261 d. C., durante la persecuzioni ordinate dall’imperatore
Valeriano contro i cristiani. Per volontà di Papa Sisto Il, Lorenzo, che era
nativo di Huesca, infatti lo inviò al riparo in un luogo solo a lui conosciuto
e particolarmente sicuro. Nel 713 il Sacro Calice fu portato nel monastero di
San Juan del la Pena, per ordine del vescovo Audiberto di Huesca, a motivo
delle invasioni dei mori dell’Aragona. Nel 1134 era ancora conservato in quel
monastero e racchiuso in un’arca d’avorio. Si ritiene che fosse traslato da
quel monastero nel 1399 a Saragozza e poi, per volontà dei re di Aragona, a
Valencia nel 1437;
-
Nel VI sec. Antonio da Piacenza affermava che la coppa dell’Ultima Cena,
unitamente alla Santa Lancia, erano esposte nella Basilica del Santo Sepolcro e
nella Chiesa di Sion;
-
Un’altra fonte,
ritenuta una delle più antiche relative alla coppa dell'Ultima Cena, fa
riferimento ad un calice argenteo a due manici che
era rinchiuso in un reliquiario di una
cappella vicino a Gerusalemme tra
la Basilica del Golgotha e
il Martirio. Questo Graal è ricordato
nel racconto di Arculfo, un vescovo anglo-sassone del VII secolo, che l'avrebbe visto
ed anche toccato. Naufragato nell’isola di Iona (Ebridi Scozzesi) raccontò
all’abate Adamnan (l’autore della vita
di San Colombano e fondatore del Monastero locale) tutto quello che aveva visto
durante il suo pellegrinaggio, in particolare di aver toccato un calice
argenteo a due manici, ritenuto il Sacro Calice. L’abate Adamnan scrisse dei
racconti che furono divulgati da re Aldfridus sul finire del VII secolo; così
da questi racconti apprendiamo che a Gerusalemme era presente il Calice
dell’Ultima Cena[1]. Questa
è la sola testimonianza che il calice fosse conservato in Terra Santa;
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Secondo quanto
riportato da Albrecht Von Scharfenburg nel suo romanzo “Il Secondo Titurel” il Graal
era conservato nella cappella del gran palazzo
di Costantinopoli, denominato Boucoleon. Durante la Quarta Crociata sarebbe stato
trafugato da questa cappella e
portato nel 1204 a Troyes (Francia) da Garnier de Trainel, decimo vescovo
di Troyes;
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Per C. Knigt e R.
Lomas circolava una diceria secondo la quale i Templari avevano ritrovato il Sacro Graal sotto il Tempio di Erode e ne erano divenuti i guardiani
segreti;
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Stando a molte
leggende, i Catari possedevano il Graal, che i "Perfetti" avrebbero lasciato in custodia
ai Templari prima di essere arsi vivi sui roghi di Montségur. Gli
studiosi sono convinti però che il Graal dei
Catari abbia avuto un significato solo simbolico e debba perciò essere
considerato piuttosto una coppa di
resurrezione a nuova vita spirituale e non già un manufatto, vale a dire un recipiente materiale dove venne raccolto il
sangue di Cristo o dove avvenne per al prima volta la transustanziazione. Nella
dottrina Catara, infatti non poteva esserci
alcuna possibilità di venerazione verso una reliquia che aveva contenuto
il sangue di Cristo perché la morte stessa del Cristo era
considerata una manifestazione satanica;
-
Si ricorda poi che Renato d'Angiò, anche noto con il nome di Renato I di Napoli, detto il
Buono (Angers, 16 gennaio 1409 –Aix-en-Provence, 10 luglio 1480) collezionava coppe ritenute il Graal.
-
Gesù stesso definisce il Sacro Graal
Il
progetto di Dio sull’uomo è stato
guastato dall’uomo a causa del suo peccato. Ma Dio non ha fatto comunque
mancare la sua promessa ed ha annunciato una Nuova Alleanza, nella quale egli
stesso interviene, inviando fra gli uomini il suo unico Figlio, per scrivere la
Nuova Legge. Al popolo infedele e ricaduto nella schiavitù del peccato, il
profeta Geremia annuncia una nuova alleanza, che Dio scrive nel cuore stesso
degli uomini. Nella Genesi è, infatti riportato il seguente brano, preso dal libro
del profeta Geremia (31, 31-34):
“Ecco verranno giorni- dice il Signore- nei
quali con la casa di Israele e con la
casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho
conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese
d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore.
Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni,
dice il Signore: Porrò la mia legge nel
loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il
mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti
mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io
perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato”.
All’infedeltà
ed alla irriconoscenza degli uomini Dio risponde con un gesto di amore e di
carità, mandando il suo Figlio perché attui l’antica promessa. Matteo descrive
questa nuova alleanza:
“Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo:
“Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per
molti, in remissione dei peccati”(Mt 26,27-28).
Allo stesso
modo, dopo aver cenato, prese il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova
alleanza nel mio sangue, fate questo ogni volta che ne berrete in memoria di me”(1 Cor 11, 23-25).
E’
Gesù stesso che identifica nel Sacro Calice la Nuova Alleanza con gli uomini,
per dare loro un cuore nuovo, in virtù della grazia della riconciliazione da Egli
stesso offerta e che fa del Sacro Graal un simbolo della sua
missione e della comunione universale. La Nuova Alleanza si realizza nel Sacro Graal dove il
sangue di Cristo viene offerto per la salvezza degli uomini.
Ma
il sangue è in stretta relazione col corpo perché è la sostanza che lo fa
vivere. Va allora richiamato il passo di
Giovanni (2, 18): “.. e ai venditori di
colombe disse: portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un
luogo di mercato. I discepoli si ricordarono che sta scritto. Lo zelo per la
tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”.
Rispose loro Gesù: “Distruggerete questo
tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni
lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando
fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto
questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”. Queste parole
del Redentore ricongiungono l’uomo al
Tempio di Dio; infatti il corpo di Gesù è il Tempio vivente di Dio. Il
cristiano diviene col battesimo Figlio di Dio
e quindi Tempio di Dio. Allorché il cristiano riceve la Santa Eucarestia, cioè il corpo di
Gesù, consente a Gesù, cioè il Tempio di Dio, di dimorare nel suo corpo, per la cui ragione egli stesso diviene
pure Tempio di Dio e si spoglia dell’uomo vecchio per rivestire
l’uomo nuovo. Allora quando il
cristiano riceve la “Cresima”, che significa “testimonianza”, egli si impegna a
testimoniare a tutti che la sua persona è
veramente Tempio di Dio, per averlo ricevuto nel battesimo ed accolto
con l’Eucarestia.
Ma
il richiamo al Sacro Calice si anche ha quando Gesù a Getsemani dice: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te,
allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” (Mc, 14, 36).
La
Santa Chiesa ci insegna a comprendere nella loro profondità questi principi
fondamentali della nostra religione che essa sintetizza nella stupenda,
profonda e veritiera litania: “Ci hai
redenti, o Signore, con il tuo Sangue e ci hai resi degni del regno di Dio”.
Ritrovando il Sacro Graal, il calice
dell’Alleanza fondata sul sangue divino, il cristiano ritrova ancora Dio nella sua compiutezza,
così come ritrova tutto il Divino, cioè il tabernacolo ed il tempio antico, la
Gerusalemme Celeste. Allora il Sacro Graal, essendo lo spazio benedetto
in cui nell’Ultima Cena il vero Dio, Uno-Trino, ha trasformato il vino nel sangue vivo del
Redentore e dove è avvenuto il preludio
dello spargimento del sangue di Gesù per tutti gli uomini, prima ancora che
nella passione e nella crocifissione, rappresenta per tutti gli uomini il
simbolo della salvezza eterna, il ricongiungimento con l’amore divino, la
trasformazione dell’uomo vecchio in uomo nuovo, vera immagine del Tempio di
Dio.
Certi
autori sostengano che la Santa Chiesa abbia sempre guardato con molto sospetto
il Graal, in quanto, per costoro,
questo simbolo rappresentava un modo per giungere in modo diretto a Dio senza passare attraverso la Chiesa di
Pietro, cioè senza passare attraverso i diretti insegnamenti degli eredi degli Apostoli.
Questa asserzione è da respingere con determinazione, perché istituendo la
Santa Messa ed ubbidendo alle parole di Gesù, la Santa Chiesa ripete, celebra
il memoriale dell’Ultima Cena e ne esalta il suo momento centrale, allorché
l’offerta del pane e del vino, per opera
dello Spirito Santo, si trasformano nel vero corpo e vero sangue del Salvatore.
Comprendendone poi il significato profondo e la valenza spirituale che questo
immenso sacrificio racchiude, la Santa Chiesa, con dolcezza, umiltà e santità,
lo ha portato alla conoscenza di tutti gli uomini della Terra, perché essi potessero
mangiare il cibo della vita eterna. Ma
c’è di più, giacché ha imposto
l’obbligo ai fedeli di comunicarsi e ricevere la santa comunione, almeno una
volta all’anno. Allora possiamo anche dire che idealmente il Sacro Graal è presente ancora
oggi nei singoli calici usati nel sacrificio della S. Messa a ricordarci
ogni giorno l’Ultima Cena e quel grandioso evento per l’uomo che si è generato
al suo interno; opera profondamente
misteriosa, pur tuttavia comprensibile
con la forza della fede, con la purezza interiore e con la bontà del
cuore.
La nostra definizione del Sacro Calice (da noi denominato “Il Calice del
Figlio di Dio” o più semplicemente “Il Calice di Dio”)
Noi identifichiamo ciò che è
chiamato il Sacro Graal o Sacro Calice,
con la coppa dell’Ultima Cena, cioè il “Calice
della Salvezza”. La Tradizione
Primordiale ci riporta ad Adamo, al Paradiso, ai momenti felici in cui l’uomo
era in comunanza diretta con Dio, ma dopo il peccato originale questo
equilibrio si è rotto è l’uomo ha conosciuto la malattia, la sofferenza, la
povertà, l’ingiustizia, la morte fisica. Secondo la leggenda per guarire Adamo, Seth, il terzo figlio di Adamo ed Eva, si recò in
Paradiso per recuperare il Graal in un’impresa che durò ben 40 anni.
Premesso che fra le diverse traduzioni di
Graal vi è quella di "cosa che raccogli e contiene", il Sacro
Graal, definito dagli studiosi anche
come "Coppa del Sapere", sarebbe in realtà una coppa o un contenitore,
forse un'urna, che raccolse il sangue di
Gesù Cristo. Non è però accettabile la sua trasformazione nei termini
francesi (lingua della cavalleria) di Sang Real (Sangue Reale) da cui San (santo) e G-Real: il sangue di Cristo, anche se Gesù effettivamente era di sangue reale, in
quanto discendente dalla stirpe di re Davide. Ciò perché graal è una parola francese che
appartiene alla lingua d’oil
(nominativo: graaus) e che deriva dal latino gradalis (che in
epoca postclassica designava un piatto, una scodella). Real, inoltre sembra un vocabolo più spagnolo, o al
massimo italiano, ma non certo della lingua
d’oil, nel qual caso dovrebbe
suonare più simile al francese royal. Infine il Graal non è mai stato
definito “santo” né da Chretien de Troyes,
né da Wolfram von Eschenbach, né da Roberto de Boron.
Prima ancora del sangue di Gesù sparso sulla croce, quello
ottenuto nel Sacro Calice dalla transustanziazione
del vino, è destinato a riscattare l’uomo dal peccato ed a ridonargli la
speranza della vita eterna. Il Vero Graal, se inteso come la coppa in cui Gesù bevve nell’Ultima Cena,
è soprattutto l’espressione di un rapporto di crescita dell’uomo ed il suo ricongiungimento col
Divino. Esso rappresenta anche la prova della conoscenza di un grande mistero:
la trasformazione del sangue dell’uomo Gesù nel sangue dell’Agnello senza
macchia, immolato per tutti, in
pagamento, con la morte di croce, del riscatto dal peccato degli uomini.
Esso diviene, allora anche il simbolo del viatico che consente di raggiungere la vita eterna,
quella “senza fine”, una vita intima
con Dio, segnata dalla felicità, gioia, gloria e santità, tutte eterne ed
indistruttibili. Si tratta in sostanza della seconda vita, nella quale gli eletti saranno pieni di ogni sorta di
benedizione, possedendo Dio in maniera perfetta e quindi capaci di vedere Dio
non più soltanto con la forza della Fede, ma realmente con una visione
intuitiva, vale a dire “faccia a faccia”,
mentre l’Essenza Divina si manifesterà loro immediatamente, in modo chiaro ed
aperto. L’uomo Gesù, figlio del Dio Padre, è
l’uomo perfetto che riesce ad avere considerazione e forza per abbattere
quel muro che divideva l’uomo da Dio. Così Gesù, vero Dio e vero uomo, infrange questo muro ed abbattendolo ridona
la luce e la salvezza agli uomini caduti nell’oblio e nel peccato. Solo
comprendendo questi concetti è possibile intendere compiutamente la
valenza spirituale del Vero Graal,
che rappresenta perciò un indirizzo verso la luce eterna e la conoscenza di
Dio. Nulla di pagano o di arcano vi è nel Vero
Graal, ma solo ciò che di più bello e fondamentale può ritrovarsi nella
dottrina cristiana, tutta volta a riscattare l’uomo e portarlo verso la Luce e
la Nuova Gerusalemme. Il Vero Graal è
dunque un manufatto in cui Gesù ha bevuto il vino che ha trasformato nel suo
sangue e lo ha offerto agli Apostoli, cioè esteso idealmente a tutti gli
uomini, per unirli e riscattarli con un patto di salvezza eterna, fondato sulla
Sua Parola. Allora il Sacro Calice diviene davvero il simbolo
del recupero della purezza perduta ed il ritorno al Paradiso Edenico. Gesù
nell’Ultima Cena ha detto: “questo è il
Calice del mio sangue”. Al riguardo si ricorda che nel monastero di San
Juan de la Pena erano conservati diversi manufatti e in un documento, datato 14 dicembre 1134, è
scritto che fra questi diversi
manufatti, vi è anche “el Caliz en que Cristo consacrò su Sangre”,
vale a dire “il Calice in cui Cristo
consacrò il suo Sangue”.
Nel
Calice dell’Ultima Cena è avvenuta la trasformazione del vino, simbolo biblico
dell’amore, nel vero sangue di Gesù per
il riscatto di tutti i peccati degli uomini. Così questo calice è divenuto il
contenitore del pegno della salvezza degli uomini, del mistico lavacro delle
nostre anime e nel contempo il Patto
della Nuova ed Eterna Alleanza, fondato sulla Parola di Gesù. E’, infatti, dalle potenti parole pronunciate da
Gesù nell’Ultima Cena che conosciamo in cosa consiste questa nuova Alleanza: “chi beve di questo sangue avrà la vita
eterna”, vale a dire chi consumerà la bevanda di salvezza, potrà aspirare
alla seconda vita, alla Nuova Creazione, alla Gerusalemme Celeste.
Il sangue dell’Uomo-Dio
Che
cosa rappresenta per i cristiani il sangue dell’Uomo-Dio? In ogni tempo e in
quasi tutte le religioni del passato il sangue ha rappresentato il simbolo
della vita, la realtà carnale dell’uomo, il principio stesso della vita. Come
abbiamo già ricordato, lo spargimento del sangue di Gesù rappresenta il
tributo, il pagamento, la moneta contante pagata da Gesù per ottenere da Dio la
pace e la riconciliazione per gli uomini e riscattarli dalla colpa di Adamo.
Con l’avvento di Gesù si forma fra Dio e gli uomini un Patto di Sangue che porterà a dare la vita del suo unico Figlio per
riscattare dal peccato l’umanità presente e futura e reinserire il Suo popolo
nel Suo infinito Amore. Per noi il Sacro
Calice o Sacro Graal, cioè il Vero
Graal, è dunque il Calice del Sangue
di Dio, o più semplicemente il Calice
di Dio. Seguendo gli insegnamenti
presenti negli antichi testi di esegesi liturgica, a partire da Alcuino ed
Amalario di Mertz fino ad Onorio di Autun,
uno dei più prolifici e influenti scrittori del Medioevo europeo,
vissuto nel XII secolo, la Chiesa ha collegato il calice al sepolcro di Cristo.
Onorio di Autun ne fornisce l’espressione più competa nel suo testo Gemma animae: “Il calice rappresenta il sepolcro, la patena la pietra che chiudeva il
sepolcro, il corporale ricopre il calice perché rappresenta la sindone candida
in cui Giuseppe d’Arimatea avvolse il corpo di Cristo”[2]. Noi
rifiutiamo di concepire il Calice come Sepolcro
di Cristo, perché Gesù ha definito il Calice con queste parole:“Questo è il calice della Salvezza”,
frase che non esprime la morte, ma
l’esaltazione della vita. Infatti:
1)
“La salvezza” richiama la
resurrezione e dunque la vita e non la morte;
2)
Il banchetto dell’Ultima Cena rappresenta un rito conviviale tipicamente
giudaico, ma nel celebrarlo Gesù non si è limitato alle usuali formule di
benedizione perché se è vero che ha
conferito al pane e al vino una relazione con il suo corpo immolato e con il
suo sangue versato, è altrettanto vero che Egli ha stabilito un legame con il
futuro banchetto degli eletti nel Regno di Dio, ove si realizzerà l’unione
perfetta tra Dio e l’uomo. Dunque questo banchetto richiama la gioia della seconda vita, quella eterna;
3)
La celebrazione eucaristica è un elemento di continuità, una tradizione viva
che si rinnova continuamente, dunque un’espressione di vita che si rinnova;
4) L’Eucaristia è fonte di vita per la Chiesa.
La nostra definizione del Sacro Graal
inteso come “Il Calice di Dio”
Poiché
la vita è espressione dell’amore, nella nostra definizione del Sacro Calice, desideriamo collegare
questa Santa Reliquia all’amore di Dio,
senza il quale non esiste né vita fisica né vita spirituale.
Ed
allora è così che definiamo il Calice di Dio: “un manufatto a forma di coppa o
calice, che racchiude al suo interno un piccolo spazio benedetto, fisico ed
idealmente cosmico in continuità, in cui l’Amore salvifico e misericordioso di
Gesù si incontra e si congiunge con l’Amore filiale di Dio Padre Onnipotente e
con quello virtuoso ed ardente di Dio
Spirito Santo Paraclito, per fondersi insieme in un solo, gioioso, grandioso e
sublime Atto di Amore Divino, capace, con la potenza divina di misericordia del
Dio Unitario e Trino che lo caratterizza, di trasformare quel vino presente nel
calice in Vero Sangue del Redentore,
divino e preziosissimo, offerto in
sacrificio per la remissione di tutti i peccati, e in un’autentica bevanda di
vita eterna, donata per grazia, gratuitamente e con amore, a tutti gli uomini da Gesù, mediatore
dell’Alleanza, per la loro redenzione e
salvezza”.
S.
Stefano di Magra lì, 15 agosto 2015 (Assunzione di Maria in cielo).
Prof.
Dr. Luigi Battistini, “Messaggero di pace” della Confraternita dei Cavalieri Templari
Cristiani Jacques de Molay.
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