Dopo 900 anni ritornano i Templari a Cusano Mutri * IN NOME DELLA SPINA*


Di Laura Miriello

 

In una remota località dell’entroterra campano storie di crociate e dame e spine della passione cristica si intrecciano con la storia templare, spesso scomparsa tra le pieghe della storiografia ufficiale. Narrazioni facenti parte di quella storia “minore” che rendono il meridione d’Italia un coacervo millenario di cultura e archeologia medievale e templare ancora tutta da scoprire.

Cusano Mutri  una roccaforte montana nascosta fra i monti del massiccio del Matese, conta circa 6.ooo abitanti, un giovane diocesano alla ricerca della verità nascosta nella leggenda locale che parla di  una reliquia conservata nella chiesa del paese, l’atmosfera rievocherebbe qualche  scena del libro il nome della rosa di Umberto Eco, se ad accoglierci nella nostra campagna di ricerca archeo-storica non fossero l’assessore alla cultura di Cusano Mutri Antonietta Civitiello, i dignitari dell’ordine dei  “Cavalieri Templari Cristiani Jacques de Molay” Fr.Massimo Maria  Civale  di San Bernardo Gran Priore Internazionale   e il Priore della Campania Fr. Angelo Schiano di Zenise infine il nostro   don “Donatello Camilli”, sacerdote socievole e loquace.

Ecco in breve la storia locale: alla fine del periodo delle crociate, ai confini dell’allora paese di Cusano (il nome Mutri verrà dato successivamente) tra i monti un giorno all’alba veniva avvistato un cavaliere crociato, tale Barbato Castello originario di Cusano. Alla vista dello straniero i “guardiani” del paese attaccarono il cavaliere templare che con il cavallo cadde dal dirupo alto più di cento metri atterrando con i piedi sulla roccia sottostante e uscendo dalla caduta miracolosamente illeso. Le impronte dei suoi stivali sarebbero ancora impressi nella roccia e scoperti dalle guide montane locali. La leggenda afferma che egli custodisse una spina della corona di Cristo proveniente dalla terra santa e custodita in un cofanetto di pelle intarsiato. Il cavaliere portava con sé la spina, ma questa non era che l’ultima di tre spine che gli erano state donate dalla figlia del custode del tempio di Gerusalemme, non sappiamo se in pegno per il loro amore o per profonda devozione del crociato che voleva ricondurre al suo paese un tale simbolo della fede cristiana.

Ma sappiamo che lasciato la città santa il nostro crociato  Barbato sbarcò a Venezia, appena giunto nel porto le campane della città suonarono incessantemente per alcuni minuti, venne fermato dunque e gli fu chiesto cosa portasse, saputa la storia la polizia locale lo costrinse a lasciare alla città veneziana una delle spine sacre. Riprende il viaggio giungendo  a Roma dove si ripeté la stessa scena, le campane suonarono all’improvviso per alcuni minuti e la polizia locale lo fermò costringendolo a “donare” una delle spine alla città di Roma.Oramai il nostro Barbato sempre più convinto di lasciare la terza spina nel suo paese natale a costo di perdere la vita, decise di continuare il suo viaggio fra i monti in modo da non essere più fermato dalle autorità locali. E qui appunto ritroviamo il cavaliere miracolosamente scampato all’agguato. Giunto in Cusano, dove al suo arrivo in paese le campane per l’ennesima volta suoneranno a festa per alcuni minuti, si recherà al santuario di Santa Maria del castagneto, nella periferia cittadina, dove finalmente metterà l’ultima  spina in salvo a memoria del suo viaggio e concludendo probabilmente i suoi giorni nella tranquillità del paese natio.

Oggi la spina è ancora presente nella parrocchia e venerata dalla popolazione locale, si ha notizia della spina nel 1596,quando il mons.de Bellis con il suo vicario fece togliere la spina dalla sua custodia e porla in un reliquiario d’argento. Ancora nel 1683 si ha notizia della spina in merito ad un evento miracoloso, la spina diventò due volte di colore rosso accesso e così anche per due volte il 3 febbraio del 1710. Ultimo evento “miracoloso” è annotato nei registri parrocchiali il 3 agosto 1805 quando durante la processione di S.Onofrio addirittura la spina iniziò a germogliare. Nel 1980 furono fatti dei lavori di ristrutturazione nella parrocchia di San Giovanni Battista dove ora è custodita la reliquia e il prezioso cofanetto fu riposto negli armadi della sagrestia per proteggerlo dai lavori. Tuttavia la custodia per un periodo non fu più ritrovata quando Don Donatello che è stato viceparroco dal 1999 al 2014 nel 2012 ritrovò finalmente la custodia della spina nei locali antistanti la chiesa.

Nel nostro sopralluogo subito notiamo la particolarità dei simboli intagliati sulla custodia che Don Donatello ci mostra. Il simbolo di cristo il TAU,le spine il pellegrino con la campanella, segni di quel moto spirituale dei crociati nei luoghi sacri. Ma come ricercatori ci chiediamo quale verità storica potrebbe avvalorare la narrazione della spina di Cusano Mutri nella storia templare del mezzogiorno d’Italia?

L’adorazione delle reliquie della passione di Cristo nel medioevo durante e dopo le crociate ebbe una diffusione enorme, circolarono in Europa una tale quantità di reliquie che da sole avrebbero avuto a che fare non con una crocifissione ma almeno di mille crocifissioni.

 Ciò che rende interessante la testimonianza della narrazione leggendaria di  Cusano è invece la cronologia degli avvenimenti narrati e  la riscoperta da parte di padre Donatello della custodia della spina, e averla riportata alla luce della cronaca al fine di porre l’attenzione sulla possibile verità celta nella storia del cavaliere Templare Barbato Castello. Impossibile a nostro avviso che gli abitanti di un piccolo paese montano potessero inventarsi totalmente  una tale storia e con tanta dovizia di particolari, certamente molte parti del racconto avranno assunto con il tempo variazioni e aggiunte, tuttavia la spina è stata sempre presente in paese come si attesta dai documenti comunali risalenti almeno al 1600, e infine il ritrovamento della custodia e la natura simbolica delle iconografie incise ci fanno supporre che effettivamente la spina e la custodia potrebbero essere giunte dai luoghi santi tramite il crociato, chi fosse costui poi è davvero impossibile da stabilire; possiamo solo dire che il cognome Castello è presente in paese già da varie generazioni.  Che fosse templare o meno a questo punto non è rilevante i gerosolimitani e i templari come i cavalieri vivevano a stretto contatto a Gerusalemme e qui operavano e combattevano nel nome di un unico Dio. I successivi contrasti fra i due ordini avvennero al ritorno di tutti i cavalieri in patria e dei vari tentativi da parte del papa e del re di unificarli; gerosolimitani e templari così spesso si trovarono a essere antagonisti anche nei riguardi dell’immensa fortuna economica accumulata  in immobili e terreni con vitalizi che entrambi possedevano.

La custodia di cui riportiamo le foto è singolare nel suo genere, un raro esempio di iconografia paleocristiana medievale. Il Cristo simbolo solare che è avvolto dalle spine di grano simbolo paleocristiano mutuato dal mondo simbolico pagano, indice di abbondanza e vita, il TAU sego inequivocabile della religiosità antica il significato del Tau ricorre nella visione gnostica del cristianesimo riportata anche da san Francesco d’Assisi.

Infine la nostra storia è condita dal racconto attestato dal notaio e dalle autorità del paese avvenuto nel 1880, anno in cui in occasione della Pasqua la spina veniva trasportata lungo le strade del paese in segno di devozione, ebbene in quell’anno la spina fiorì.

La narrazione religiosa della fioritura della spina di Cristo ha una chiara valenza simbolica ed esoterica, ovvero starebbe a indicare che  lì dove il raggio cristico passa, fiorisce la vita senza tempo e senza luogo, un miracolo forse ma diremmo un’allegoria del senso dell’eterno e del divino che la figura del  Cristo incarnava per i primi cristiani gnostici e per i cavalieri templari.

Il fiore della vita cristico, quella rosa mistica tanto decantata dagli gnostici, riaffiora dalla storia delle crociate fino alle nostre terre. L’intento di Massimo Maria Civale e del Priorato  Templare Jacques  de Molay è proprio quello di “riscoprire” il senso nascosto della storia delle crociate e riportarlo alla cronaca dei nostri tempi. L’opera di padre Donatello, è a nostro parere ormai segno che i tempi per la  chiesa sono maturi, per accettare una visione nuova e mistica di ciò che furono le crociate ma soprattutto  dell’apporto che diedero i templari nella edificazione di una nuova religiosità più misteriosofica e intimista. I simboli incisi sulla  custodia sono una conferma della cultura sincretica  religiosa  che esisteva a Gerusalemme, crocevia tra il mondo orientale e il mondo occidentale e che il tempio fece proprio nel rito e nella preghiera. Chiuderemo il nostro articolo ricordando come la narrazione della fioritura della spina della passione risalga ai tempi delle crociate. La storia ci narra che le reliquie sacre erano probabilmente custodite nella casa madre del tempio a Gerusalemme, dopo la caduta di Acri le reliquie furono trasferite ad Acri, quando anche Acri fu perduta queste vennero spostate a Cipro, nella chiesa della commenda templare della Nicosia.

La famosa “corona di spine”ovvero singole spine provenivano di sicuro da quella raccolta che aveva rappresentato un vanto per gli imperatori bizantini: sono reliquie che sparirono durante il sacco di Costantinopoli. La tradizione interna dell’ordine templare ci narra che il pezzo forte della collezione templare era rappresentata da una spina di quella corona proveniente da Costantinopoli, che si diceva fiorisse miracolosamente il venerdì santo. Gli ospitalieri che incamerarono i beni templari  a seguito dello scioglimento dell’ordine ereditarono anche la spina e si abituarono al suo prodigio annuale: il venerdì santo del 1497

La Spina fiorì ben tre ore di anticipo rispetto all’ora solita, il mezzogiorno, e il gran priore  Jacques de Milly fece subito chiamare un notaio perché mettesse per iscritto quell’evento insolito in un atto legale. Lo stesso prodigio fu ricordato dall’ultimo gran maestro templare Jacques de Molay, durante il processo mentre testimoniava in difesa del suo ordine, le sue parole furono: “Dio non avrebbe mai concesso un simile miracolo a persone indegne dedite all’eresia”.Dopo molti secoli la storia si ripete.









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